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28 aprile 2003

Mercati aperti? Calano i prezzi

Al vertice europeo di Barcellona, nel marzo 2002, i francesi sembravano gli ultimi dei mohicani nella loro strenua opposizione alla liberalizzazione dei servizi pubblici, poi passata a Bruxelles 8 mesi dopo. E in effetti l' apertura del mercato francese è la più modesta d' Europa. In Germania invece si è scelta la strada della liberalizzazione forte, pur lasciando privilegi alle aziende municipalizzate o regionali. Idem in Spagna. In Gran Bretagna, Svezia e Finlandia la liberalizzazione è ormai completa. Ma non sempre la liberalizzazione ha effetti univoci sui prezzi: nell' energia, nonostante il mercato francese sia il più chiuso d' Europa, i prezzi sono fra i più bassi, grazie al contributo delle centrali nucleari. In Germania si sono ridotti del 20% da quando sono partite le privatizzazioni. In Italia il prezzo medio per le utenze domestiche è il più alto in Europa (+ 23,5% rispetto alla media Ue); per le utenze industriali supera del 20,8% la media europea ed è inferiore soltanto a quello dell' Austria. Anche sul riassetto del mercato gli effetti non sono sempre omogenei: in Germania la concentrazione è avvenuta per settori, lasciandone alcuni fuori. In Francia, è stata indipendente dalla liberalizzazione. Qui il mercato, ristrutturato subito dopo la Seconda guerra mondiale, oggi è completamente dominato da grossi monopolisti nazionali in tutti i settori principali: EdF per l' energia, Gaz de France per il gas, Vivendi (ex Generale des Eaux), Ondeo (ex Lyonnaise des Eaux) e Saur per l' acqua. Oggi i tre colossi idrici transalpini sono protagonisti delle gare d' ambito internazionali, specie in Italia, dove hanno fatto diverse acquisizioni. E con lo sblocco delle quote di Italenergia Bis, nel 2005 Edf sarà padrona di Edison, seconda società di produzione elettrica italiana dopo Enel. In Germania, dove il big bang dei servizi pubblici risale al ' 98, le prime due aziende tedesche dell' energia e del gas sono Eon e Rwe, che accende le luci nella Ruhr. Seguono la svedese Vattenfall, in cui sono confluite le municipalizzate di Amburgo e di Berlino, e la Enbw, nel cui capitale è presente Edf con una robusta partecipazione. I giganti tedeschi, nati dalla fusione di ex municipalizzate, dominano anche sul mercato elettrico inglese, con Eon e Rwe padrone rispettivamente di PowerGen e Innogy. Nel settore idrico, invece, le aziende tedesche sono ancora seimila (circa come in Italia), mentre il ruolo di Eon e Rwe è contrastato da un operatore specifico come Gelsenwasser. Anche in Spagna l' apertura del mercato elettrico ha accelerato il consolidamento: dominano Endesa, Union Fenosa e Iberdrola, tutte e tre a maggioranza spagnola. Seguono Hidrocantabrico, di cui è azionista di riferimento Edf, e Viesgo, unica roccaforte dell' Enel in Europa occidentale. Nel Regno Unito, le liberalizzazioni sono state avviate già nei primi anni 80, quando la Thatcher privatizzò il mercato dei servizi pubblici aprendo le porte allo sbarco dei tedeschi. Per i consumatori la liberalizzazione ha portato da un lato il crollo verticale dei prezzi, dall' altro forti tagli alle spese e quindi anche un certo calo nella qualità dell' offerta. Ma tutte la aziende britanniche in questi anni sono state molto attive sul fronte della ricerca e dello sviluppo, creando specifici know how tecnici e gestionali cui varrebbe la pena di ispirarsi.

14 aprile 2003

Neuromarketing, altro che ricerche di mercato

Sondaggi, ricerche di mercato? Ciarpame da Ventesimo secolo. Nel nuovo millennio il metodo giusto per raggiungere le menti dei consumatori si chiama neuromarketing: un sistema che coniuga la medicina con il marketing per dare qualche mal di testa al garante della privacy. Joey Reiman, guru della comunicazione e fondatore del BrightHouse Institute for Thought Sciences di Atlanta, ci crede. Psichiatra di fama e docente all'Emory University sia nella facoltà di medicina che in quella di economia, Reiman è l'autore di diversi best-seller sulle convergenze fra scienza e business. In questa sua nuova azienda, uno spinoff dall'affermata agenzia di marketing BrightHouse, ha tradotto in pratica le teorie che sostiene da anni: per individuare i prodotti giusti e venderli al meglio non serve lanciare vaste e costose ricerche di mercato, basta cacciare un gruppo selezionato di consumatori in un apparecchio per la risonanza magnetica e osservare come il loro cervello reagisce alle immagini proposte. "E' un sistema diretto, non filtrato di misurare le risposte del pubblico - spiega Reiman - e perciò è molto più accurato dei soliti sondaggi, che devono sempre fare i conti con le difese erette istintivamente dagli intervistati". Reiman parte dalla convinzione che la stragrande maggioranza delle decisioni relative ai consumi vengano prese nel subconscio, prima che il pensiero razionale abbia il tempo d'intervenire. Da qui deriva il suo scetticismo crescente nei confronti dei metodi tradizionali del marketing. "In ultima analisi alle aziende non interessa sapere se il loro annuncio pubblicitario è piaciuto o no. Quel che importa è sapere se le aiuterà a vendere il loro prodotto o ad aumentare la fidelizzazione al loro marchio", puntualizza il professore. Se ha ragione, il neuromarketing potrebbe rappresentare una svolta rivoluzionaria per aggiornare le tecniche di comunicazione. E magari, dopo aver superato le critiche che già gli vengono mosse, potrebbe riuscire a rivitalizzare un mercato attualmente fra i più colpiti dalla crisi. Il procedimento non è costoso né complicato: BrightHouse - per ora unica azienda al mondo in grado di praticare questa tecnica - individua quello che il cliente vuole sapere e sviluppa un test ad hoc, che viene presentato a un ristretto pool di candidati lautamente pagati, mentre il loro cervello viene monitorato con la risonanza magnetica. Certo, affittare un apparecchio per le prove costa molto, ma il responso è così accurato che basta un terzo delle persone utilizzate nelle normali indagini di mercato. "Il gradimento e la repulsione attivano parti completamente distinte del cervello - spiega Justine Meaux, direttore della ricerca di Thought Sciences - e le differenze d'impatto fra le alternative proposte sono immediate e lampanti". I test possono essere confezionati su qualsiasi tema e sono indirizzati a stimolare uno specifico dei cinque sensi o anche diversi allo stesso tempo. Per capire l'effetto dell'esperienza vissuta dai candidati basta leggere la mappatura del cervello fornita dalla macchina e interpretarne il significato in base a regole ormai consolidate, di uso comune nelle diagnosi neurologiche. Semplice. "Possiamo rispondere a qualsiasi domanda ci pongano i pubblicitari, con maggiore efficienza rispetto ai sistemi tradizionali", proclama Adam Koval, a.d. della start-up di Atlanta. Ma le riserve non mancano, sia sull'efficacia della nuova tecnica che sulle sue implicazioni morali. Già in passato i professionisti del marketing hanno tentato altri metodi scientifici per misurare l'impatto di un certo prodotto sul cervello umano, ad esempio monitorando i movimenti oculari o la conduttività elettrica sulla pelle con tecnologie simili a quelle usate dalla macchina della verità. Ma nessuno di questi metodi ha mai raggiunto un'applicazione di massa simile a quella dei sondaggi e dei focus group, cioè la pratica di mettere un gruppo di consumatori di fronte a un prodotto o un annuncio pubblicitario e chiedere che cosa ne pensano. Gli interrogativi sulla validità di queste tecniche e la difficoltà di trovare candidati disposti a sottoporsi a tecniche così invasive hanno decisamente limitato la loro diffusione. L'uso della risonanza magnetica, pur non implicando in alcun modo un "danno" all'organismo perché non utilizza radiazioni, potrebbe incontrare difficoltà analoghe. Con il tradizionale pragmatismo degli americani, Koval risponde senza esitazione: "L'unico sistema per scoprire se un nuovo business sta nascendo è lanciare il sistema sul mercato e vedere che cosa succede. Per ora, abbiamo la fila di clienti fuori dalla porta". Di quali clienti si tratta, però, è arduo scoprirlo. Perché le grandi multinazionali, che ovviamente sono le più interessate all'argomento, non amano essere associate con l'uso del neuromarketing. Si sa per certo che almeno due, Coca Cola e General Motors, hanno sponsorizzato gli studi più recenti sull'argomento. E fra i clienti BrightHouse ce ne sono altre, come Delta Airlines, K-Mart o Home Depot, che in passato hanno fatto ampio uso di tecniche analoghe. Il riserbo dei clienti di Thought Sciences ci porta alla seconda categoria di critiche, quelle che vedono già delinearsi scenari da "Grande Fratello" nel futuro del neuromarketing, immediatamente associato alle tecniche di comunicazione subliminale dai difensori della privacy. Ma finché la nuova tecnica comporterà un passaggio dentro al tubo della risonanza magnetica, non c'è dubbio che la manipolazione diffusa della volontà individuale resterà un traguardo lontano per gli scienziati di Atlanta.