8 aprile 2004
La carica dei vecchietti
Quando un attore come Jack Nicholson mostra il sedere a 66 anni e Diane Keaton, la sua compagna nel film “Tutto può succedere”, si lascia andare a un nudo frontale all’alba dei 57, possiamo star certi che un fenomeno di costume si sta consolidando. In questo caso la regista Nancy Meyers (54 anni) ha centrato in pieno l’ultima tendenza di mercato: agganciare i pensionandi e pensionati, il segmento di popolazione più in crescita in tutto il mondo industrializzato. Non a caso il film, pieno di emergenze cardiovascolari, battute sulla menopausa e sesso a base di Viagra, ha sbancato il botteghino mettendo assieme la cifra record di 17 milioni di dollari nella prima settimana in sala, battendo rivali come “L’ultimo samurai” o “Master and Commander”.
Meyers segnala che qualcosa sta cambiando nel giovanilismo a tutti i costi della società occidentale e che i vecchietti meritano più attenzione di quella che ricevono. In fondo gli ultrasessantenni sono responsabili del 40% di tutti i consumi americani, ma rappresentano il target di meno del 10% di tutti gli annunci pubblicitari. E un prodotto diretto agli ultracinquantenni aumenterà le proprie vendite dal 35 al 50% nei prossimi vent’anni solo mantenendo ferma la propria quota di mercato. Perché? Due fenomeni, la denatalità e l’allungamento della vita media, contribuiscono a fare degli ultrasessantenni il gruppo che cresce più rapidamente al mondo: erano 200 milioni nel ‘50, 600 milioni nel 2000 e nei prossimi cinquant’anni triplicheranno ancora. Un boom che non ha precedenti nella storia umana. Per migliaia di anni, infatti, l’aspettativa di vita è rimasta più o meno costante: alla fine dell’Ottocento non superava i quarant’anni ma in poco più di un secolo è raddoppiata. Nel mondo industrializzato l’età media di morte nel ’50 era di 68 anni, oggi supera gli ottanta. In questa parte del mondo oggi gli ultrasessantenni rappresentano un quinto, ma già nel 2050 saranno un terzo della popolazione complessiva.
Il problema è che gli ultra-cinquantenni e sessantenni non sono un target facile per gli uffici marketing. E’ ampiamente dimostrato, infatti, che i gusti della gente tendono a consolidarsi entro i 35 anni e poi cambiano in misura quasi impercettibile. Che senso ha dunque cercare di ammaliare una fetta - seppure crescente - di popolazione che di norma si dà per persa? E’ questa la domanda che si è posto Simon Silvester, uno stratega di Young & Rubicam, nel suo studio “You’re Getting Old – Europe’s Demographic Problem Is Your Marketing Problem”. Secondo Silvester le imprese non tendono ad indirizzare le proprie campagne promozionali ai giovani per colpa di inveterati pregiudizi contro gli anziani, ma semplicemente perché solo i giovani sono aperti al cambiamento e quindi disposti ad adottare nuove abitudini e prodotti diversi da quelli che acquistavano prima. Basta esaminare la collezione di dischi di chiunque abbia superato la quarantina – nota lo studio di Young & Rubicam - per farsi un’idea del suo approccio alla vita: è probabile che da un certo punto in poi sia piena di compilation di canzoni vecchie e non includa gli artisti più recenti. Nello stesso modo sarà difficile far cambiare la marca del dentifricio a un cinquantenne o a un sessantenne il suo whisky preferito.
Difficile ma non impossibile, controbatte nel suo libro “The New Old: Why the Baby Boomers Won’t be Pensioned off” la ricercatrice Julia Huber di Demos, un think tank londinese specializzato negli incroci fra la demografia e il mercato. Huber spiega come gli ultrasessantenni di oggi non possano essere paragonati con i vecchietti di una volta. Si tratta di una categoria piena di Mick Jagger, Bob Dylan o Bill Clinton, che probabilmente hanno molta più voglia di fare e di cambiare di qualsiasi ventenne medio. Si tratta di persone nate per la maggior parte durante il picco demografico dell’immediato dopoguerra che si avviano alla pensione consapevoli di essere destinati a vivere più a lungo dei propri genitori e decisi a trascorrere i prossimi anni in forma e in letizia. “Sono persone molto più combattive – precisa Huber - che hanno fatto il ’68 e a cui spesso è rimasta la rivoluzione nel sangue. E’ gente nata e cresciuta nella società dei consumi, che non ha nessuna intenzione di rinunciarvi. Basarsi sull’approccio agli acquisti delle passate generazioni di pensionati per capire che cosa farà questa generazione negli anni della pensione è fondamentalmente sbagliato”.
“E’ sbagliato pensare che sia impossibile rivolgersi a questa fascia d’età”, conferma Giuseppe Cogliolo di McCann-Erickson. “Si tratta di un gruppo molto attivo, che vuole ancora stupire e venire a sapere le cose prima degli altri, solo che le imprese sono molto tradizionaliste e oppongono un’enorme resistenza. Quando abbiamo iniziato a lavorarci su in Italia un paio di anni fa, tutti ci hanno presi per matti. Ora qualcuno a poco a poco si sta svegliando”. Il vero test verrà quando questa generazione comincerà ad andare in pensione. Alcune imprese stanno cominciando a mettere a punto le proprie strategie, ma siamo ancora talmente all’inizio che i risultati sono impossibili da quantificare. L’inatteso successo di “operazioni nostalgia” come la riedizione del Maggiolino Volkswagen o della Mini da parte della Bmw potrebbero essere segnali in questa direzione. Le attenzioni rivolte a un maggiore comfort nella Ferrari Enzo, cui sono state apportate alcune lievi modifiche proprio per rendere più facile l’accesso all’abitacolo anche agli sportivi con un inizio d’artrite, sono un altro segnale (l’età media di chi acquista una Ferrari ormai si avvicina ai cinquanta). Il dilagare della chirurgia estetica rientra in questo quadro. E anche le incursioni di Saga Holidays, un operatore turistico britannico specializzato in questa fascia d’età, verso proposte più avventurose, come un viaggio in kayak sui torrenti canadesi o un trekking nella giungla del Borneo. Il proprietario di Saga, Roger de Haan, che ha costruito la sua fortuna sui vecchietti, ha appena annunciato la sua intenzione di ritirarsi, quotando la società in Borsa. Si stima che in questo modo intascherà quasi due miliardi di euro. Abbastanza per fare rafting fino a novant’anni.
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