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11 aprile 2005

La pacchia è finita: l'acciaio è cinese

Dopo tre anni di festa, il comparto siderurgico allaccia le cinture in previsione di un' inversione di tendenza dei prezzi. E lancia l' allarme sui primi segnali di declino del primato italiano nei prodotti di alta qualità. «La domanda cinese sta calando e la loro produzione ormai supera il fabbisogno interno», commenta Antonio Gozzi, presidente degli elettrosiderurgici (Aie) e amministratore delegato della filiale italiana del gruppo Duferco, il maggior commerciante indipendente d' acciaio nel mondo. La Cina, che aveva innescato la corsa dei prezzi con la sua fame d' acciaio, quest' anno ne produrrà 350 milioni di tonnellate (un sesto del mercato mondiale) e potrebbe diventare esportatore netto: lo conferma uno studio dell' Iron and Steel Statistics Bureau, un centro di analisi londinese, da cui emerge che l' export cinese ha già superato l' import nell' ultimo trimestre 2004. Il sorpasso, destinato a consolidarsi quest' anno e a sconvolgere gli equilibri mondiali fra domanda e offerta, è legato al rallentamento dell' economia, provocato dal governo. «Il boom delle costruzioni in Cina, tipico di un' economia in via di sviluppo, ha profondamente influenzato il mercato mondiale dell' acciaio e ora che sta rallentando ne risentiremo - spiega Gozzi -. In un settore frammentato e non oligopolistico come quello dell' acciaio, del resto, è inevitabile un andamento ciclico, che segua gli sbalzi della congiuntura». Stando ai dati del ministero del commercio di Pechino, nel corso del 2004 l' import è calato del 21%, a 29,3 milioni di tonnellate, mentre l' export ha raggiunto i 14,2 milioni di tonnellate, un balzo del 104,6%. Quest' anno, l' export dovrebbe superare l' import di circa 5 milioni di tonnellate, anche se il governo sta cercando di frenare questo trend, con un taglio delle agevolazioni fiscali concesse agli esportatori. Gli esperti si attendono la prima caduta consistente dei prezzi dopo l' estate, a circa tre anni dall' inizio della lunga salita, in cui i laminati d' acciaio sono passati dai 195 dollari a tonnellata dell' inizio 2002 agli attuali 585 dollari. Eurofer, la confederazione dei produttori europei, già il mese scorso aveva ammonito contro i rischi di una sovrabbondanza di offerta. E Arcelor, il numero uno europeo dell' acciaio, ha appena annunciato una riduzione della produzione di un milione di tonnellate: la domanda europea infatti sta calando del 14% in questo primo semestre dell' anno, a causa dell' alto livello delle scorte. Ma il gigante asiatico sta invadendo anche il mercato degli acciai speciali, a lungo presidio quasi inespugnabile della siderurgia italiana: nel 2004 l' incremento dell' import sul 2003 per l' acciaio inox è stato del 47,2%, per il magnetico del 70%. «Proprio gli acciai la cui tecnologia avanzata finora aveva fatto ritenere che fossero al riparo dal fenomeno della concorrenza dei Paesi extra Ue», rileva l' ultimo rapporto di Federacciai. Evidentemente il contenuto tecnologico non basta più a compensare il gap di costo rispetto alla Cina, ma anche alla Russia o all' Ucraina. In volumi, gli acciai speciali rappresentano una nicchia della siderurgia italiana, ma producono una fetta importante dei profitti delle aziende. Basta guardare alla produzione della Lucchini, appena passata alla russa Severstal, o della tedesca ThyssenKrupp, che basa proprio sull' acciaio inox la sua strategia nel polo di Terni. Sugli inossidabili puntano anche alcune acciaierie medio-piccole, come la vicentina Acciaierie Valbruna o la valdostana Cogne Acciai Speciali, le bresciane Aso Siderurgica e Italfond, o la Rodacciai di Lecco. «È evidente - fa notare Federacciai - che ogni differenziale di qualità dovrà purtroppo misurarsi con situazioni di mercato a costo del lavoro inferiore, anche dieci volte, a quello praticato sul mercato nazionale». Unica difesa, il monitoraggio attento dell' import per rilevare eventuali fenomeni di dumping, che Eurofer potrebbe chiedere alla Commissione europea, così come stanno già facendo gli Stati Uniti.

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