Pagine

12 settembre 2005

Scaroni cambia cappello e opinione

A quattro mesi dalla nomina a capo dell' Eni, Paolo Scaroni si presenta la prossima settimana al mercato con qualche prima indicazione sui suoi piani per il futuro e gli analisti non cessano di aggiornare all' insù i target di prezzo, in attesa di consistenti novità. Ma in questo periodo di assestamento il nuovo timoniere dell' unica vera multinazionale italiana si è perfettamente sintonizzato sulla diversa lunghezza d' onda: se prima, quand' era a capo di Enel, era tutto per il carbone, ora è tutto per il gas; se prima si batteva per la neutralizzazione della rete Snam (di cui era il principale cliente), ora sembra deciso a difendere il suo asset fino in fondo. Cambiamento legittimo: come ha scritto nel suo libro Professione manager, l' interesse dell' azienda è sovrano. Ma data la profonda rivalità delle due società che si è trovato a guidare, oggi la sua posizione è particolarmente delicata, anche perché senza precedenti. Il primo nodo importante cui va incontro Scaroni è la cessione della rete: «Procederemo a breve allo scorporo della rete Snam dall' Eni», ha dichiarato l' interventista Claudio Scajola, lasciando tutti interdetti. In realtà, la rete è già stata scorporata e anche parzialmente privatizzata (l' Eni ne controlla circa il 50%), ma quel che intende Scajola è ben altro: una vera e propria smobilitazione, al di sotto del 20 per cento o addirittura del 5 per cento, come chiedono le autorità regolatrici. Vittorio Mincato, del resto, aveva già deciso di mollare. E lo stesso Scaroni, quand' era all' Enel, si era spinto molto in là sulla necessità di neutralizzare la rete, magari fondendola con Terna: «Fra Terna e la rete Snam ci possono essere delle sinergie vere», ragionava all' inizio del 2003. «Ho esaminato attentamente quello che è successo in Inghilterra tra National Grid e Lattice - precisava, sostenuto dall' allora ministro delle Attività produttive Antonio Marzano, che aveva già incaricato Mediobanca e Goldman Sachs di studiare i particolari di fusione e privatizzazione delle due reti - e ho visto che le sinergie hanno superato le aspettative». Ma ora che è passato ai vertici del cane a sei zampe, Scaroni ha cambiato idea: «Le terapie suggerite dall' Authority sono un unicum in Europa», è stato il suo commento critico alla recente relazione annuale di Alessandro Ortis, che chiede da anni l' uscita di Eni dalla rete. «Nella seconda direttiva europea - ha insistito Scaroni - non si parla di terzietà ma solo di separazione della rete». Altro che neutralizzazione. Il dietro-front è stato profetico: nel corso del suo recente incontro con Silvio Berlusconi a Sochi, sul Mar Nero, Vladimir Putin ha indicato il suo interesse per una partecipazione diretta di Gazprom nella rete Snam. La prospettiva di una smobilitazione precipitosa, entro il luglio 2007, come quella che si profila, ha acceso dunque l' appetito dei concorrenti stranieri, soprattutto alla luce del responso dell' Antitrust sull' operazione gemella, con cui l' Autorità di Antonio Catricalà si è opposta al trasferimento di una corposa quota azionaria di Terna alla Cassa depositi e prestiti, se non ridurrà drasticamente la sua partecipazione in Enel, ora al 10%. Anche per Snam Rete Gas si prospettava il timone della Cassa, che ha già il 10% dell' Eni. Ma ora il ruolo della Cdp è congelato. E Scaroni si trova a fronteggiare i primi pretendenti con le spalle un po' scoperte. Sulla questione dei combustibili più convenienti, il manager fa oggi altre valutazioni e sottolinea come il problema centrale sia ampliare l' offerta di gas. Scaroni, che aveva messo il carbone al centro della strategia di Enel per la prima volta nella storia della compagnia, nei suoi tre anni di gestione non si era mai stancato di rimarcare l' eccessiva dipendenza dell' Italia dal gas: «In Europa l' energia elettrica viene prodotta al 70% da carbone e nucleare, mentre in Italia al 70% da olio combustibile e gas. Il risultato di questa differenza si traduce in un costo del kilowattora diverso: se il costo variabile, ovvero il costo del combustibile di un kilowattora, in Italia è 100, allora in Germania è 55, in Spagna è 53 e 38 in Francia. «Da questi numeri si può capire perché l' energia elettrica prodotta in Italia costi di più che nel resto d' Europa», spiegava nel maggio 2003. La predilezione per il carbone per il capo di un' azienda elettrica in cerca di competitività era inevitabile. Ma la riscossa del carbone promossa da Scaroni mandava su tutte le furie Vittorio Mincato, preoccupato dal rischio incombente di un eccesso di gas nel caso venissero a mancare i consumi delle centrali Enel. La strategia di Scaroni - accusava Mincato - vorrebbe sacrificare l' obiettivo di un ambiente più pulito sull' altare di un' ipotetica riduzione dei costi». Ora che è passato all' Eni, Scaroni del gas dice: «Capisco le preoccupazioni dell' Autorità - commenta Scaroni - per un andamento che si acuisce quando il prezzo del greggio sale. Anche l' Eni è preoccupato, ma vorrei ricordare che dall' avvio della liberalizzazione le tariffe del gas hanno registrato un calo dell' 8% in termini costanti».

Nessun commento: