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9 gennaio 2006

British Gas: "Vi bruciate la reputazione"

Armando Henriques, capo di British Gas per l' area del Mediterraneo, è un manager navigato, si occupa da vent' anni di petrolio e di gas, ma una situazione come questa non l' aveva mai vista. «Abbiamo il gas che serve all' Italia - dice -, ma non sappiamo dove farlo arrivare, perché il nostro terminale di Brindisi, che doveva essere già pronto nel 2007, subisce un intralcio dietro l' altro dalle autorità locali». E prosegue: «Il rigassificatore che stiamo costruendo, dopo avere ottenuto già da anni tutte le autorizzazioni, è il più importante investimento mai fatto da un' impresa britannica in Italia: 400 milioni di euro complessivi, di cui 150 già spesi. Se i nostri sforzi venissero frustrati adesso, questo solleverebbe gravi dubbi sull' attrattività dell' Italia per gli investimenti esteri». Proprio mentre il ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, si fa in quattro per dare una soluzione alla crisi del gas prossima ventura, accelerando il processo autorizzativo per gli altri rigassificatori in progetto, l' unico impianto che potrebbe essere già quasi pronto sembra definitivamente incagliato nel limbo delle resistenze locali. «Dragon, il terminale gemello che stiamo costruendo nel Galles, sarà operativo nel 2007 come previsto - dice Henriques - e comincerà subito a ricevere il gas dai nostri pozzi egiziani». Il gruppo Bg, infatti è uno dei giganti mondiali del gas, attivo anche nell' estrazione, e il rigassificatore di Brindisi è uno dei pochi progetti in Italia con i contratti di approvvigionamento già in essere: un vantaggio non indifferente in un mercato dove la materia prima comincia a scarseggiare. «Gli impianti di rigassificazione costruiti oggi senza la certezza dell' approvvigionamento - spiega Henriques - rischiano di diventare cattedrali nel deserto». È per questo che Bg ha messo in cantiere contemporaneamente a Brindisi anche un impianto di liquefazione a Idku, in Egitto, con un investimento da un miliardo e mezzo. Ma il gas liquefatto destinato a Brindisi ora sta prendendo altre destinazioni: verso gli Usa, dove Bg gestisce il più grande rigassificatore americano in Louisiana, o verso altri Paesi europei. «Peccato, perché da Brindisi potremmo fornire 8 miliardi di metri cubi di gas all' anno, quasi un decimo del fabbisogno italiano, colmando le carenze che si sono evidenziate lo scorso inverno», fa notare Henriques, intervenuto al culmine della crisi con due navi gasiere mandate in aiuto all' Eni nel suo impianto di Panigaglia. «La richiesta globale di Gnl ormai supera la domanda - commenta Henriques -, perché si costruiscono sempre più rigassificatori, che sono il modo migliore di ricevere gas da Paesi lontani senza la schiavitù del tubo». In Spagna, negli ultimi anni, ne sono sorti quattro. Nel frattempo, in Italia, Brindisi ha subito continui slittamenti: «Abbiamo passato tutta la trafila, abbiamo raccolto l' unanimità dei consensi alla conferenza servizi da 23 enti locali e nazionali, compresi Comune, Provincia e Regione, oltre ai sei ministeri competenti, che già nel 2003 ci hanno dato il via con un decreto. Ma quando siamo partiti con i lavori le autorità locali hanno subito cominciato a chiedere altre verifiche, rallentando il progetto di anni». Il fatto è che, nel frattempo, c' erano state le elezioni e le amministrazioni locali avevano cambiato colore. Nel 2004 il nuovo sindaco di centro-destra Domenico Mennitti è subentrato a Giovanni Antonino, mentre alla Provincia il diessino Michele Errico ha sostituito il forzista Nicola Frugis. Nel 2005 Nichi Vendola si è seduto sulla poltrona di Raffaele Fitto. E ognuno di loro ha voluto distruggere il lavoro del predecessore. Il gruppo britannico non si spiega le loro motivazioni. «Abbiamo cercato il dialogo - sostiene Henriques -. Abbiamo tenuto il cantiere fermo in attesa di una nuova valutazione del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, che è stata positiva. Abbiamo subito persino una verifica archeologica dell' area su cui stavamo costruendo, che non ha scoperto nulla di nuovo. Ci hanno chiesto di cambiare localizzazione, ma siamo quasi a metà dei lavori e qualsiasi spostamento ci farebbe ripartire daccapo con le autorizzazioni. Il Consiglio di Stato ci ha dato ragione. E comunque localizzazioni migliori non ci sono: siamo in una zona già destinata a usi industriali e non diamo fastidio né agli abitanti, che sono lontani, né al porto. Riceveremo due navi alla settimana, che non impiegano più di 40 minuti per fare la manovra. E daremo lavoro e prospettive di sviluppo a un' area in crisi». What' s the problem?
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