28 marzo 2006
Twitter, usarlo e odiarlo è tutt'uno
Cos'è più di moda che usare Twitter? Odiare Twitter, naturalmente. Questo nuovo servizio online, come tutti i social network, permette di creare un profilo pubblico e di collegarsi ad altri utenti. La caratteristica principale è che l'aggiornamento del proprio profilo avviene tramite l'uso di micropost, messaggi di testo molto brevi, quasi fossero sms, che si possono ricevere su qualsiasi programma di chat o sul cellulare. Man mano che il servizio si diffonde, aumentano i micropost degli amici che ci aggiornano su quel che hanno mangiato a pranzo o su com'è andata la lezione di yoga. I più addicted possono mettere in rete anche quindici o venti post al giorno. Ed ecco che il servizio comincia a diventare un tormento, soprattutto se il terminale prescelto è il cellulare. Dice Dario Salvelli sul suo blog: "Twitter è quasi come un gioco e a volte è utile sapere cosa stanno facendo i nostri amici, ma rischia di diventare una brutta abitudine". Francesco Fullone, sul suo, ha già pronta una netiquette: "Twitter non si linka; su Twitter si parla in terza persona; l'inglese è opzionale, ma consigliato; Twitter non è un contatto IM normale, non spammatelo, state facendo broadcasting; su Twitter non si dialoga e non si risponde agli altri utenti, per quello ci sono gli IM o le mail; se proprio volete usare la notifica su SMS ricordatevi che pagate il costo di un SMS per ogni invio fatto, più followers avete più pagate; Twitter dà assuefazione, state attenti".
Per ora il fenomeno è limitato. A detta del suo inventore, il pioniere del Web 2.0 Evan Williams, Twitter ha solo 80mila utenti. In effetti, il servizio è partito l'estate scorsa, ma è decollato soltanto nelle ultime settimane. La tecno-kermesse South by Southwest, che ha animato Austin (Texas) dal 9 al 18 marzo, sembra sia stata il punto di svolta. Obvious, la start up di Williams, ha piazzato una serie di schermi nei punti strategici del festival, da cui si potevano leggere i messaggini postati dagli utenti di Twitter. Negli stessi giorni, Jonathan Schwartz ha consacrato Twitter come il nuovo YouTube. Il famoso blogger Robert Scoble si è dichiarato Twitter-dipendente. E il candidato presidenziale John Edwards ha cominciato a mettere in rete post del tipo: "Partito da Houston stamattina. Nel pomeriggio assemblea sui problemi della sanità a Council Bluffs, Iowa. Stasera sono a Des Moines". Nella settimana successiva il traffico sul server di Obvious è quasi raddoppiato. Potenza del marketing virale.
Ma Twitter è solo uno dei vari servizi gratuiti (come Dodgeball di Google) che collegano la messaggistica istantanea, la telefonia cellulare e il social networking. Twitter consente di mandare brevi messaggi, di 140 caratteri al massimo, a una rete di corrispondenti. Gli utenti devono specificare se vogliono essere contattati sul telefonino o sul pc con un servizio di messaggistica istantanea. Come tutti i sistemi di social networking, una volta aperta un'utenza si possono invitare gli amici a fare lo stesso oppure ci si può collegare agli utenti già registrati. C'è chi si collega solo a pochi corrispondenti, altri ne rastrellano decine. Ovviamente ogni utente ha la facoltà di bloccare un corrispondente indesiderato. Malgrado ciò, dopo una prima ondata di entusiasmo, già comincia a diffondersi il tedio. E la preoccupazione di fronte alle bollette del telefonino più pesanti del solito. L'invio dei post come SMS, infatti, non si paga a Twitter ma si paga al gestore mobile. Per circoscrivere la tempesta di messaggi, Scoble, che è collegato a oltre mille conoscenti, ha deciso di creare una seconda utenza chiamata "SilentScoble", dove si limita a cinque post al giorno. In un recente messaggio si lamentava: "E' difficile attenersi a cinque post..."
Resta da chiedersi: cosa vuole fare Twitter da grande? Più d'uno, evidentemente, si dev'essere posto questa domanda. Lo stesso Schwartz è in attesa di sviluppi, come risulta chiaro dal suo paragone fra Twitter e YouTube. "Anche YouTube era solo un gioco, finché qualcuno non se l'è comprato per un miliardo e mezzo di dollari", ha commentato riferendosi all'acquisizione di Google. Cominciano a spuntare le prime applicazioni, finalizzate a rendere Twitter qualcosa di più di un gioco: ad esempio un motore di ricerca oppure dei sistemi di localizzazione geografica per identificare dove si trova un certo utente. In attesa della killer application, attenzione alla prossima grandinata. Di messaggi.
20 marzo 2006
Tenaglia Gazprom-Sonatrach, in mezzo ci siamo noi
Con una mano firma un memorandum di vasto respiro insieme all' Eni per aprirsi un varco diretto nel mercato italiano del gas, con l' altra si allea alla compagnia petrolifera algerina Sonatrach, storica partner dell' Eni nel sistema di gasdotti Transmed. Le mosse del colosso russo Gazprom, che stanno per arrivare a maturazione quasi contemporaneamente sui due fronti - forse già venerdì prossimo con l' Eni e in aprile con Sonatrach - provocano una certa inquietudine ai piani alti del cane a sei zampe. Dalle prime indiscrezioni che circolano fra gli operatori dopo la visita lampo di Vladimir Putin al suo omologo Abdelaziz Bouteflika, infatti, Sonatrach avrebbe in mente di cedere a Gazprom una quota della sua partecipazione in Galsi, il nuovo gasdotto in via di realizzazione fra l' Algeria e l' Italia (con tappa in Sardegna), di cui possiede il 36%. Galsi - che oltre a Sonatrach vede nella sua composizione societaria Edison, Enel, Wintershall (braccio petrolifero di Basf), Hera e due società della Regione Sardegna - è il primo metanodotto non controllato dall' Eni che approderà sul territorio italiano. Dal 2009 ci porterà 10 miliardi di metri cubi di gas maghrebino, con una condotta sottomarina fra il porto algerino di El Kala e le coste meridionali sarde, completata da un' altra bretella fra Olbia e Piombino. E Sonatrach ha già firmato accordi di fornitura con una dozzina di operatori italiani, fra cui Edison per 4 miliardi di metri cubi e la Regione Sardegna per 2. Tutti gli altri tubi che portano gas in Italia sono controllati dall' Eni: a metà il Tenp che viene dall' Olanda, al 90% il Tag che viene dalla Russia e al 50% con Sonatrach il Transmed, che attraversa il Canale di Sicilia per portarci il metano algerino. Se ora Gazprom s' inserisce in questa rete anche da Sud, subentrando del tutto o in parte a Sonatrach nella composizione societaria di Galsi, l' Italia sarà stretta in una morsa poco piacevole: la Russia e l' Algeria ci forniscono il 70% del nostro fabbisogno di gas. Se si mettono insieme, siamo all' «Opec del gas» paventata da Paolo Scaroni. Inoltre Gazprom si porrà contemporaneamente come alleato di vasto respiro di Eni e come concorrente sul suo stesso territorio, andando a braccetto con un suo vecchio partner. Negli accordi in via di finalizzazione con il cane a sei zampe, il colosso russo punta a ottenere una partecipazione in Enipower, il braccio elettrico della compagnia petrolifera italiana. In questo modo avrà, da un lato, accesso diretto al mercato, costituito dalle centrali elettriche di Enipower che vanno a gas, mentre, dall' altro, controllerà l' approvvigionamento da Nord in quanto produttore e da Sud in quanto distributore. Niente di male, dicono all' Eni, fintantoché le contropartite in termini di accesso ai giacimenti russi sono corrette, gli accordi chiari e le forze in campo equilibrate. «Che cosa accadrebbe - si è chiesto più volte Scaroni - se Gazprom invece dell' Eni si trovasse a trattare con una piccola municipalizzata italiana?» Ma la partnership fra Aleksej Miller, capo di Gazprom, e Paolo Scaroni resta comunque gravemente squilibrata. Come ammesso più volte dallo stesso Scaroni, al momento attuale «il mercato è in mano a chi vende e non a chi compra». L' asse Sonatrach-Gazprom è un patto fra produttori, con ricadute potenzialmente gravissime. Dall' incontro fra i due capi azienda, Mohamed Meziane e Aleksej Miller, è emerso l' interesse di Sonatrach per il gas naturale liquefatto russo: la società algerina punterebbe a costruire un terminale di liquefazione nel Baltico. Gazprom, insieme a Lukoil, potrà invece partecipare a grandi progetti di sviluppo delle reti distributive del gas e del greggio in Algeria e verso Paesi terzi, come il gasdotto verso la Sardegna o quello verso la Spagna, via Marocco. Sui temi trattati per ora regna il massimo riserbo, ma non è escluso che fra i due si arrivi anche ad un' intesa per spuntare prezzi migliori sui mercati di sbocco, in Europa o negli Stati Uniti. E fra gli operatori del settore già si parla di un pericoloso oligopolio. Tenendo anche conto del recente accordo Mosca-Berlino per il gasdotto del Nord, il disegno strategico del colosso russo che custodisce un quarto delle riserve mondiali di gas, si dimostra a tutto campo. L' Eni, volente o nolente, deve per forza partecipare al grande gioco.
13 marzo 2006
Scorie nucleari in viaggio verso Parigi
Tutte le strade portano a Parigi. Dopo Edison ed Enel, ora è la volta delle scorie nucleari italiane: 235 tonnellate di materiale fissile irraggiato, eredità di una stagione nucleare durata trent' anni e finita nel lontano ' 87. Da allora a oggi, l' Italia non ha ancora trovato l' occasione per risolvere il problema e ha finito per stoccare il materiale da «riprocessare» in vari depositi, sparsi fra le quattro centrali ferme di Trino, Caorso, Latina e Garigliano e gli altri impianti che facevano parte del ciclo del combustibile: l' Eurex di Saluggia, le Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo, l' Opec e il Plutonio della Casaccia e l' Itrec della Trisaia. Da qui, le scorie devono essere spedite all' estero per il procedimento che ne riduce la pericolosità, e poi riportate in Italia per stoccarle definitivamente in un deposito nazionale che non abbiamo: il sito individuato a Scanzano Jonico, infatti, è stato abbandonato nel 2004 in seguito alla rivolta dei locali e non ne sono stati indicati altri. Alla gara indetta dalla Sogin (la società pubblica del nucleare creata da una costola dell' Enel) oltre un anno fa per mettere in palio una commessa da circa 300 milioni di euro, partecipano solo due contendenti: la francese Cogema, con un gigantesco stabilimento sulla punta estrema della Normandia, e l' inglese British Nuclear Fuel Limited con l' impianto di Sellafield, che s' affaccia sul canale d' Irlanda. Al momento attuale non ci sono altri stabilimenti al mondo che svolgano questo tipo di servizio, anche se il governo italiano ha tentato a lungo di mettersi d' accordo con Mosca per il riprocessamento e lo stoccaggio permanente dei rifiuti in Russia, senza riuscirci. L' esito ufficiale della competizione non è ancora stato comunicato, ma dalle recenti dichiarazioni del ministro Claudio Scajola sembra di poter dire con certezza che i francesi hanno vinto l' appalto. «Le scorie nucleari - ha detto Scajola - le daremo in gestione ai francesi ancora per parecchi anni». E poi: «L' accordo con la Francia per la gestione delle scorie era uno dei dossier dell' incontro (con il ministro Francois Loos, ) che ho dovuto disdire» dopo l' annuncio della fusione Suez-Gaz de France. Nella partita energetica Italia-Francia, dunque, sono rientrate anche le scorie. Non a caso: il nucleare svolge un ruolo centrale - anche se clandestino - in questo braccio di ferro, poiché la prospettiva di un ritorno dell' Italia nel circolo atomico poggia quasi esclusivamente sulla partecipazione di Enel alla realizzazione del nuovo reattore Epr (European Pressurized Reactor) che si sta avviando a Flamanville, sempre in Normandia. Dal progetto franco-tedesco - un investimento di tre miliardi di euro - dovrà uscire nel giro di cinque anni un reattore di terza generazione destinato a diventare il nuovo standard europeo in materia di energia atomica. La partecipazione dell' Enel al progetto, prevista al 12,5% dagli accordi preliminari, dev' essere finalizzata in questi giorni: fonti interne alla compagnia guidata da Fulvio Conti danno fine marzo come data realistica per la firma definitiva. Ma non è sfuggito agli osservatori un riferimento del presidente di Edf, Pierre Gadonneix, che nell' impeto della battaglia su Suez ha minacciato di farla slittare di nuovo. Alla faccia dello sblocco dei diritti di voto di Edf in Edison, già avvenuto nel maggio scorso, che avrebbe dovuto portare «contestualmente» all' ingresso di Enel nel progetto Epr e sul mercato francese dell' energia. D' altra parte l' estrema debolezza italiana sul fronte nucleare è chiara a tutti. Il patrimonio di competenze di un' industria un tempo fiorente oggi è confluito nella Sogin, che con 800 dipendenti e un ricco budget finanziato dalle bollette elettriche non svolge più solo il compito di guardiana dei pericolosi detriti, ma anche un ruolo attivo nello smantellamento d' impianti nucleari all' estero, soprattutto Est Europa. Proprio in questo contesto, la società guidata dal generale Carlo Jean (ex consigliere militare di Cossiga e collega alla Luiss di Antonio Martino), ha avuto uno scontro non da poco con l' Autorità per l' Energia che le contesta i 4,8 milioni di euro spesi per l' apertura di una sfavillante sede a Mosca. Lo scandalo sulle spese portato qualche cambio al vertice, ma il nuovo ad Giuseppe Nucci non ha fatto in tempo a mettere giù la borsa che già la Sogin era coinvolta in un altro guaio: stavolta si parla di assunzioni partigiane, dal figlio di Antonio Baldassarri alla nuora di Gustavo Selva, passando per una lunga serie di parenti di politici della Cdl. Tutte le raccomandazioni sono documentate dal senatore Ds Aleandro Longhi in quattro interrogazioni rivolte al ministro dell' Economia. Le scorie nucleari italiane sono in queste mani.
Iscriviti a:
Post (Atom)