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29 maggio 2006

Eric von Hippel

Chi è che ne sa di più su un prodotto? Una volta si sarebbe detto la persona che lo ha progettato. Ma oggi non è più cosi. Ci sono molti utenti che davvero ne sanno di più su alcuni prodotti rispetto alle stesse aziende produttrici. E' per questo che Eric Von Hippel, autore di “Democratizing Innovation”, dalla sua cattedra della Sloan School of Management al Mit teorizza da tempo l'idea che il prossimo passo sarà la trasformazione della produzione di massa di stampo fordista e post-fordista in qualcosa di completamente diverso, su misura, creato e gestito dagli utenti stessi attraverso il web. E' il trasferimento del concetto di open source alla più ampia produzione industriale di beni di consumo.
Come vede dunque il futuro della produzione industriale?
“Vedo una produzione di massa in cui attraverso il web le persone abbiano la possibilità di customizzare al massimo il prodotto, riducendolo a una miriade di micro scambi in cui si salti l'attuale filiera degli intermediari e il processo produttivo si trasformi, dando spazio a una nuova modalità di produzione su misura mirata direttamente al consumatore”.
Sembra fantascienza...
“Non direi. L’Ibm è famosa per il suo ricco magazzino di invenzioni brevettate. L'anno scorso, ancora una volta è arrivata prima nelle classifiche della ricerca per gli Stati Uniti, mettendo insieme 3.248 brevetti, più di qualsiasi altra società. E ha guadagnato circa 800 milioni di euro vendendo e distribuendo licenze delle sue idee. Perché, allora, ha cambiato corso, regalando alcuni dei risultati della sua ricerca, invece di far pagare gli altri per utilizzarli? Perché ha interesse a farlo”.
In che cosa consiste questo interesse?
“Controcorrente rispetto all’opinione diffusa, l’azienda ha calcolato che a volte condividere la tecnologia può essere più redditizio che non difendere gelosamente i propri diritti su brevetti, copyright e segreti commerciali. E le sue mosse vengono osservate attentamente nel mondo degli affari. Recentemente, Ibm ha fatto un gesto significativo in direzione di quella che ha definito una nuova era nei metodi per mantenere il controllo delle sue proprietà intellettuali, annunciando di voler mettere gratuitamente a disposizione 500 brevetti, per la maggior parte codici di programmazione per la gestione di programmi di commercio elettronico, immagazzinamento dati, elaborazione di immagini e comunicazioni Internet. Big Blue ha dichiarato che tutti i suoi futuri contributi alla più importante associazione per la standardizzazione del commercio elettronico, l’Organization for the Advancement of Structured Information Standards, saranno gratuiti”.
L’Ibm è all’avanguardia da questo punto di vista, ma anche altre aziende,in tutti i settori, stanno riconsiderando la loro strategia sulla proprietà intellettuale. Cosa mettere in comune con gli altri? Cosa tenere per sé, facendo pagare chi vuole utilizzarlo?
“Internet, la globalizzazione, e la pressione dei costi stanno spingendo le aziende a collaborare alla ricerca di un innalzamento di produttività e ad accelerare il ritmo dello sviluppo dei prodotti. Questa collaborazione impone alle aziende di condividere una maggior quantità di informazioni tecniche con i clienti, i fornitori e i partner di settore. Il risultato è che le linee di confine e i termini di scambio, nel campo della proprietà intellettuale si stanno spostando. Il mondo degli affari oggi è impegnato in un gigantesco esperimento per cercare di capire quali settori della proprietà intellettuale aprire e quali mantenere chiusi. Il destino di molte aziende,e la forza delle economie nazionali, dipenderanno dagli esiti di questo esperimento".
Questo cambiamento dev'essere attentamente calibrato...
“Guardiamo di nuovo all'Ibm: Big Blue non sta rinunciando alla sua lucrativa attività di concessione dei diritti di utilizzazione, né sta rinunciando a registrare nuovi brevetti. E non intende neanche dare via gratis la tecnologia per i suoi computer mainframe, i suoi software di archiviazione brevettati e altri prodotti completi. Caso mai mette a disposizione gratuitamente i tasselli tecnologici che consentono di estendere la comunicazione all’interno delle reti di settore.
Queste iniziative comportano dei rischi...
"Quando metti a disposizione parte della tua tecnologia, sei costretto a salire ancora più in alto nella catena alimentare economica del tuo settore. Attraverso le reti di cooperazione informativa si realizza un’innovazione sempre maggiore nel settore e per questo sono necessari standard tecnici aperti”.
Anche in altri settori le aziende stanno lavorando su standard per la condivisione di una quota maggiore d'informazioni...
“Per creare standard robusti e largamente usati, le aziende devono rendere disponibili i propri brevetti a tariffe contenute o gratuiti. Il ritorno potenziale sta nel fatto che aprire gli standard aiuterà tutto il settore a crescere più velocemente. Se apri agli altri la tua tecnologia e lo fai rapidamente, gli altri ci costruiranno su qualcosa. Così essere aperti diventa più efficiente economicamente".
Nel suo libro “Demcratizing Innovation” lei sostiene che l'innovazione originata dagli utenti può diventare più competitiva di quella originata dalle aziende. Può fare qualche esempio?
“La storia del kite surfing è un buon esempio. Il kite surfing è uno sport acquatico in cui si utilizza una tavola simile alla tavola da surf ma invece che alle onde ci si affida alla spinta del vento, aggrappandosi a un grande aquilone comandabile che consente di fare grandi salti e acrobazie molto suggestive. Nel corso degli anni le vendite di equipaggiamento dedicato a questo sport sono cresciuto fino a raggiungere un giro d'affari da oltre 100 milioni di dollari, spartito fra diverse aziende di attrezzature sportive. Ma nel 2001 Saul Griffith, dottorando al Mit e molto interessato a questo sport, decise di creare un sito Internet dove la comunità del kite surfing potesse scambiarsi dei consigli e mettere in comune le innovazioni utili a migliorare la funzionalità delle attrezzature. Il sito ebbe subito molto successo e diversi surfer cominciarono a mettere in rete i loro disegni. Alcuni misero a disposizione della comunità dei software capaci di creare nuovi modelli aerodinamici e trasformarli rapidamente in prototipi. Molti partecipanti si rivelarono ben presto tecnici sofisticati, addirittura dipendenti di società aerospaziali. La qualità dello sforzo collettivo finì per superare le capacità innovative delle aziende produttrici, che cominciarono ad attingere direttamente al sito per scaricare i disegni migliori. In altre parole, l'innovazione prodotta dagli utenti diventò trainante rispetto a quella delle aziende produttrici”.
Si tratta però di un mercato di nicchia...
“Sì, ma non è l'unico settore. Ad esempio tutto il mercato della strumentazione medica, un settore dal giro d'affari gigantesco, sta subendo una metamorfosi di questo tipo. Perfino nel mondo dell'automotive si riscontrano fenomeni analoghi. In pratica, si tratta di un trend molto più diffuso di quanto si creda. Con gli struemtni presenti in rete, gli utenti sono sempre più capaci d'innovare da soli e di mettersi in contatto con altre persone interessate agli stessi argomenti, scovandole anche all'altro capo del mondo. Lo sviluppo di strumenti informatici di progettazione sempre più sofisticati e la crescente estensione delle reti di utenti connessi, consentono agli utenti che non trovano in commercio quello che vogliono di svilupparselo da soli”.
In pratica, si torna all'abito tagliato su misura?
“Sì, c'è un marcato trend in questa direzione. Dai dati che abbiamo risulta chiaramente che i consumatori sono sempre più eterogenei ed esigenti. Questo porta automaticamente ad un livello sempre più elevato di innovazione dal basso. In base alle ricerche empiriche che abbiamo condotto nell'ultimo anno, dal 10 al 40% dei consumatori hanno apportato in proprio delle modifiche a un prodotto industriale in molti settori diversi. Ed è chiaramente una tendenza in crescita”.

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