12 giugno 2006
Senza gas l'Italia al freddo. E al buio
Un mix di produzione del tutto anomalo che porta il prezzo dell' energia in Italia fuori dalle medie europee. Per Davide Tabarelli, direttore dell' istituto bolognese Ricerche industriali ed energetiche (Rie), se vogliamo ridurre i prezzi dobbiamo seguire il modello degli altri Paesi industrializzati. «La regola generale è che almeno il 50% della produzione elettrica vada a nucleare e carbone, per liberarsi dalla schiavitù degli idrocarburi». Da questa regola non si scappa: nessun Paese al mondo produce metà della sua energia elettrica bruciando metano, come si avvia a fare l' Italia con l' inaugurazione delle prossime centrali a gas. E nessun Paese industrializzato ha solo il 14% di carbone e neanche una centrale atomica. «La corsa alla sostituzione dell' olio combustibile con il gas prescinde completamente da considerazioni di prezzo e di sicurezza degli approvvigionamenti - spiega Tabarelli - e comunque non rientra in nessuna strategia complessiva, che dovrebbe essere dettata dalla politica e invece manca totalmente». Non a caso, l' Italia è l' unico Paese d' Europa ad avere sofferto così tanto della crisi del gas quest' inverno, «perché senza gas gli altri restano al freddo, ma noi si resta anche al buio - fa notare Tabarelli -. Abbiamo avuto il più grosso blackout della storia elettrica - fa notare Tabarelli - ma non abbiamo ancora imparato che per evitare guai bisogna impostare una politica energetica di vasto respiro». «Siamo l' unico Paese al mondo - aggiunge - che, pur soffrendo di una grave dipendenza dal gas, su 8 mila chilometri di coste non ha neanche un rigassificatore, a parte quello vecchissimo di Panigaglia, quando ormai ne sorgono come funghi in tutta Europa: la Spagna ne ha già quattro». E non ci sono grandi prospettive di correggere il tiro: «È stato proprio l' attuale ministro dell' industria, Pier Luigi Bersani, a bloccare la costruzione del terminale di rigassificazione di Monfalcone nel ' 96, che ci sarebbe tornato utilissimo per diversificare gli approvvigionamenti ed evitare la crisi quando Mosca ha chiuso i rubinetti». Magari ora avrà cambiato idea. «Ma nel frattempo gli italiani hanno pagato un prezzo del gas e dell' energia del tutto sproporzionato», commenta Tabarelli. Lo stesso sta succedendo con la riconversione a carbone delle centrali Enel a olio. «Il carbone non piace a nessuno, ma inquina meno dell' olio combustibile, se la centrale è fatta bene, e costa poco: produrre un megawattora con una centrale a gas costa 75 euro, con il carbone solo 45». Allora che senso ha bloccarlo? «Fino a qualche mese fa dicevamo che sono le amministrazioni locali a opporsi, ma ora rischiamo di trovarci davanti a un paradosso: a Porto Tolle, ad esempio, l' assenso delle amministrazioni locali c' è già, ma si sta scontrando con le resistenze del nuovo ministro dell' Ambiente». Per l' Enel, che combatte da anni sulla centrale di Civitavecchia, è un grosso danno. «Ma alla fine dei conti chi paga siamo noi: se non vogliono il carbone, l' Enel può anche produrre energia bruciando Chanel N°5, tanto alla fine scarica tutto sui prezzi finali».
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