18 dicembre 2006
La battaglia delle tariffe elettriche
Un centinaio di grossisti contro 160 distributori, tra cui una decina di grandi, per contendersi quasi 35 milioni di clienti. Sono queste le forze in campo, comprese le svariate posizioni che si sovrappongono da una parte e dall' altra, per la madre di tutte le battaglie sul mercato elettrico italiano. Data d' inizio del match, luglio 2007, quando scatterà la liberalizzazione completa di tutte le utenze, anche quelle domestiche. Ma le grandi manovre sono già cominciate da tempo, con l' assalto dei lobbisti di entrambe le parti alle stanze del potere. E lo scontro è destinato a durare anni. «Come in tutte le grandi gare podistiche, prenderemo velocità solo nel 2008», prevede Francesco Starace, responsabile Enel del mercato. Dal punto di vista puramente quantitativo, in realtà il grosso del mercato è già liberalizzato: al contrario del mercato del gas, sull' energia elettrica l' Italia ha scelto la strada di una vera apertura alla concorrenza. Dal ' 99, quando il decreto Bersani ha segnato l' inizio di questo processo, il 60% dei clienti industriali ha cambiato fornitore. Meglio di noi hanno fatto soltanto il Regno Unito e la Scandinavia. Di conseguenza, su un consumo complessivo di 185 terawattora l' anno, 135 sono già «liberi». «In questo mercato - spiega Starace - la quota dell' Enel si è ridotta a meno del 15%». Da luglio potranno cambiare fornitore anche le famiglie, che rappresentano un parco consumi di 60 terawattora l' anno. I restanti 90 terawattora fanno capo al cosiddetto «popolo delle partite Iva», che è già libero di cambiare fornitore da quasi due anni, ma finora l' ha fatto solo in misura irrisoria. Dal punto di vista numerico, invece, il parco clienti che si apre il prossimo luglio è immenso: sui 35 milioni di utenti elettrici italiani, finora solo 500mila hanno scelto il mercato libero. Gli altri, di cui 7 milioni già «eleggibili», sono ancora legati al loro fornitore originario. Su questo mercato, l' Enel mantiene una quota dell' 80%. Il resto è suddiviso fra le varie municipalizzate, in primis Acea di Roma, Aem Milano, Aem Torino, Hera di Bologna... Dall' altra parte della barricata, i contendenti si chiamano Eni, Edison, Sorgenia del gruppo Cir, le varie estere Rezia, Egl, Eon e una vasta costellazione di trader che comprano e vendono alla Borsa elettrica cercando così il loro profitto: ne sono registrati un centinaio. Tutti questi soggetti potrebbero tentare di fare concorrenza agli incumbent, ma è dubbio quanto gli convenga scendere in campo, nella situazione attuale. «Stiamo cercando di favorire la libera competizione e offrire agli utenti una reale possibilità di cambiare fornitore, ma sarebbe tutto più facile se arrivassimo all' appuntamento con una struttura di mercato più efficiente», spiega il presidente dell' Authority Sandro Ortis. Per avvicinarsi a quest' obbiettivo, le riunioni si susseguono furiosamente. «Dobbiamo istituire entro luglio un servizio di salvaguardia e un fornitore di ultima istanza, per scongiurare interruzioni delle forniture causate da eventi contingenti, come fallimenti di società o simili. Dobbiamo cambiare il sistema di tariffe agevolate, individuando una fascia sociale davvero più bisognosa, da sostenere con prezzi più bassi. Dobbiamo considerare l' ipotesi di un servizio di maggior tutela per i clienti più vulnerabili, quelli domestici, che potrebbe essere affidato all' Acquirente Unico», elenca Ortis. Poi c' è la struttura delle tariffe, che oggi concede all' attività commerciale un margine talmente risicato da diventare insostenibile. E infine l' accessibilità dei dati: chi conosce il profilo di carico e le abitudini di consumo dei clienti, ha una marcia in più decisiva. «Ma abbiamo bisogno del perimetro normativo», insiste Ortis. «Dal 1° luglio - concorda il presidente dell' Acquirente Unico, Nando Pasquali - non si potrà più parlare di cliente vincolato. Ma la domanda è: come accompagnare questa moltitudine verso il mercato libero?» La risposta sta nel governo e nel Parlamento, che ancora non si sono pronunciati, mettendo in difficoltà i nuovi entranti alla ricerca di una strategia commerciale. Non per mancanza di attenzione a questo tema, ma semmai il contrario: «Ognuno tira dalla sua parte», dicono gli insider. E gli interessi in gioco sono giganteschi. Il nodo principale, su cui infuria la battaglia dei lobbisti, sta nella struttura delle tariffe: anche se la liberalizzazione dovrebbe eliminare la tariffa regolata, è chiaro che nel mercato elettrico finirà come in quello del gas. «Stabiliremo un meccanismo di price cap: più su di così non si può andare», precisa Ortis. E da lì in giù, vinca il migliore: chi riesce ad essere più efficiente e offre i prezzi più bassi, rastrella il maggior numero di clienti. Il problema è che l' attuale struttura tariffaria premia il produttore e il distributore, ma penalizza il venditore. «Facendo un calcolo a spanne - fa notare Massimo Orlandi, capo di Sorgenia - su 45 euro all' anno per cliente, 25 vanno a remunerare il servizio di misura, 17 quello di trasporto e meno di 3 il commerciale: quindi i primi 42 euro resterebbero nelle tasche dell' incumbent e nelle mie tasche ne arriverebbero meno di 3. Ma con 3 euro per cliente non ci pago nemmeno i francobolli per le bollette...» In pratica, l' attività di vendita non è quasi remunerata e pochi nuovi entranti saranno pronti a sviluppare un servizio commerciale capace di reggere l' impatto del mass market, visti i margini risicatissimi. «L' utente domestico non è un cliente facile: pretende, protesta, telefona», commenta Starace, che lo conosce bene. Chi se lo prenderà?
11 dicembre 2006
Bruciamo più gas, ne arriva sempre meno
Tranquilli. Inverno mite, ovvero emergenza gas scongiurata. Sembra logico, ma spesso l' apparenza inganna. Come in questo caso. È vero che gli stoccaggi sono attrezzati meglio dell' anno scorso, grazie all' intervento del ministro Pier Luigi Bersani, ma è anche vero che i tubi sono sempre quelli e l' export russo continua a calare, mentre la sete di metano degli italiani cresce. Il calo di forniture sul confine orientale, da una media del -4,2 per cento sui primi dieci mesi dell' anno, è schizzato a un -19,9 per cento in ottobre. L' inverno russo è cominciato. Le ultime stime ministeriali, d' altra parte, prevedono un incremento complessivo della domanda di circa 3 miliardi di metri cubi di gas per quest' inverno, che diventeranno 4 miliardi nel 2007-2008. È una sete che non c' entra nulla con le temperature, calde o fredde che siano, ma con la produzione elettrica, che in Italia si sta spostando massicciamente dall' olio combustibile al metano, senza calmieri. «Rispetto all' anno scorso, quest' anno abbiamo ben tre centrali termoelettriche in più, per 2.500 megawatt complessivi, che bevono ognuna 4-5 milioni di metri cubi di gas al giorno», spiega Davide Tabarelli di Nomisma Energia. Da una parte queste nuove centrali risolvono il problema della carenza nella generazione italiana, ma dall' altra incrementano i consumi di gas. Tanto è vero che nell' aumento del fabbisogno previsto per quest' inverno, la quota destinata a usi civili è quasi irrilevante: solo 300 milioni di metri cubi, contro i 2,6 miliardi legati all' entrata in funzione dei nuovi impianti di generazione elettrica. Non a caso il ministro Bersani continua a ripetere che «bisogna cominciare a mettere un tetto all' utilizzo del gas per l' energia elettrica». Messo così, è un invito difficile da tradurre in pratica, considerando che siamo in regime di libero mercato. «La corsa al gas italiana - conferma Riccardo Monti del Boston Consulting Group - ci porterà quest' anno, secondo i nostri calcoli, a una carenza di un miliardo abbondante di metri cubi di gas entro la fine dell' inverno». Ma il problema non è solo italiano. «La corsa al gas sta portando a un raddoppio della domanda in tutta Europa - precisa Monti - mentre la produzione interna è in drastico calo: nel giro di una decina d' anni l' import di gas dovrà essere triplicato per coprire il nostro fabbisogno, ma non sembra che la Russia sia in grado di star dietro a questo ritmo di crescita, perché anche la loro domanda interna sta aumentando». Il ministro dell' Economia della Federazione russa, German Gref, nei giorni scorsi, ha lanciato per primo l' allarme sul deficit incombente: «Il mercato interno avrà bisogno da solo di 26-27 miliardi di metri cubi di gas in più, mentre le nostre proiezioni indicano una crescita di 21 miliardi di metri cubi supplementari». Gref ha detto apertamente di non avere idea di dove si possano trovare le risorse necessarie per colmare il deficit, che ha origine nella scarsa attenzione prestata in questi anni da Gazprom all' estrazione di gas e al potenziamento dei metanodotti. «Si sono talmente concentrati sul vendere, vendere, vendere, che si sono dimenticati di produrre», commenta Tabarelli. Gazprom non ha nessun interesse a mettere la crisi nero su bianco, ma basta osservare i numeri per notare le coincidenze: nei primi dieci mesi del 2006 l' export di gas dalla Russia è calato del 4,3 per cento rispetto all' anno scorso, fino a un crollo del 10,7 per cento in ottobre, corrispondente al crollo dell' import ai nostri confini orientali. Eppure, sottolinea il resoconto del ministero dello Sviluppo Economico, la tendenza al rialzo dei prezzi del gas russo sui mercati internazionali (+51,3 per cento in media mensile) avrebbe dovuto favorire le esportazioni. Questo conferma che il deficit è strutturale, non congiunturale. La falla per ora non si nota, ma non bisogna farsi ingannare dal clima mite: «Siamo sul filo del rasoio», ripete Bersani. E non si vedono soluzioni reali all' orizzonte: di nuovi gasdotti si parla da anni - dall' Igi per importare il gas turco passando per la Grecia, al Galsi per importare altro gas algerino attraverso la Sardegna - ma i tempi sono lunghi, così come anche per i terminali di rigassificazione. Gli interventi per affrontare l' emergenza possono essere solo difensivi: l' utilizzo degli stoccaggi strategici e le misure per la riduzione della domanda, comprese le interruzioni ad alcuni utenti industriali, sono già programmati. Gli stoccaggi di modulazione sono stati incrementati di 600 milioni di metri cubi rispetto all' anno scorso. Nuove concessioni sono in esame nei vecchi giacimenti esauriti, da Alfonsine a Conegliano, ma nessun aumento significativo di capacità di stoccaggio è previsto fino al 2011. A tutto vantaggio di Gas Plus, la società di Fidenza appena andata in Borsa col botto, che si profila come la nuova regina degli stoccaggi. Già prenotati da Gazprom con un accordo blindato per distribuire il suo gas direttamente ai clienti finali italiani. Quale gas, non si sa.
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