19 maggio 2008
Scajola: prima le scorie, poi le centrali
Nucleare «scelta indispensabile», annuncia Silvio Berlusconi nelle dichiarazioni programmatiche al Senato. Nucleare «a tappe forzate», ribadisce Claudio Scajola. E Stefania Prestigiacomo, ministro dell' Ambiente, si associa. Tutti d' accordo, nel nuovo governo, sul rientro del nostro Paese in questo settore. Ma prima di parlare di ritorno al nucleare, c' è un dossier aperto sul tavolo di Scajola, alla pagina «deposito unico nazionale» dei rifiuti radioattivi. La commissione E c' è una commissione - composta da 11 rappresentanti dei ministeri interessati, delle Regioni, dell' Apat e dell' Enea - che dal 27 marzo, su incarico di Pier Luigi Bersani, sta lavorando per identificare un' alternativa a Scanzano Jonico, il sito individuato nel 2003 come il più adatto a un deposito di profondità nelle miniere di salgemma. «Entro giugno - spiega Raffaele Ventresca del ministero dell' Ambiente - daremo i primi risultati». Rilancio o non rilancio, questo sito va comunque trovato, perché le scorie nucleari sono una bomba a orologeria che ticchetta da oltre vent' anni, da quando nell' 87 è stato spento Arturo, a Caorso, l' ultimo reattore della stagione atomica italiana. Sicurezza «zero» Una bomba sparsa sul territorio in circa 150 depositi, grandi e piccoli, in condizioni di sicurezza precarie. Trino, Caorso, Latina e Garigliano, oltre all' impianto di fabbricazione del combustibile di Bosco Marengo e i centri di ricerca ex Enea di Saluggia, Casaccia e Trisaia, sono ancora tutti o in parte da bonificare. Ma altri tipi di rifiuti radioattivi continuano a essere prodotti al ritmo di 500 tonnellate l' anno. Il 90% è di natura medicale, come gli aghi di radio o le sorgenti ospedaliere al cesio e al cobalto, che possono essere facilmente trafugate dai depositi provvisori. Basterebbe abbinarli a un chilo di esplosivo plastico convenzionale, per arrivare a confezionare bombe sporche, capaci di contaminare aree fino a diversi chilometri quadrati. Deposito di superficie Va da sé che tutto questo materiale - dal più radioattivo che ci mette decenni a decadere al più innocuo che resta pericoloso solo per pochi giorni - va concentrato in un solo sito, più facilmente controllabile. «Non sarà un deposito di profondità, come quello immaginato a Scanzano, ma un deposito di superficie, simile all' impianto di Habog che abbiamo visitato a Borssele, in Olanda, per renderci conto della relazione con la popolazione e l' ambiente circostante», precisa Ventresca. Il deposito olandese è inserito in una zona industriale densamente popolata, dove le sue pareti arancioni, coperte di formule di Einstein e Planck, risaltano come un' opera d' arte. Centro di ricerca «L' impianto italiano non sarà un puro e semplice deposito, ma dovrà essere inserito in un centro di servizi tecnologici e di ricerca ad alto livello», aggiunge Ventresca. Il sito verrà individuato «attraverso un coinvolgimento partecipativo delle comunità locali» e la commissione spera vivamente che una buona comunicazione aiuti a sollecitare delle autocandidature, com' è avvenuto anche in Francia per il centro dell' Aube. Centri di superficie, come quello francese e olandese, ci sono anche in Spagna, a El Cabril, o in Belgio, a Dessel, mentre la Svezia e la Germania hanno optato per depositi di profondità, più complicati da individuare ma «tombali» per l' eternità. Il Regno Unito e la Finlandia, oltre al deposito di superficie, ne stanno costruendo anche uno in profondità.
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