25 gennaio 2010
Imprese più avanti dei politici sul cleantech
Appoggiando le mani sui fori praticati nei pannelli delle sale macchine per far passare i cavi, gli addetti del centro elaborazione dati di Boeing, uno dei più grandi del mondo, si sono accorti che l'aria fredda utilizzata per mantenere bassa la temperatura dei computer usciva rapidamente. E' bastato tappare quei buchi, per evitare uno spreco di energia da 685mila kilowattora, che costava al colosso di Seattle 55mila dollari all'anno. In questo modo, Boeing ha fatto un passo in avanti verso l'obiettivo di tagliare il 25% dei suoi consumi elettrici entro il 2012. E ha dato una mano all'ambiente, limando le sue emissioni di anidride carbonica. Ma non è la sola.
Nel grande business l'efficienza energetica e le soluzioni ecosostenibili sono ormai considerate universalmente necessarie, non solo per migliorare l'immagine, ma anche per tagliare i costi. Lo dice l'ultimo rapporto Cleantech Matters di Ernst & Young, condotto su più di 300 aziende a livello mondiale. Nel delineare la corsa agli investimenti verdi delle loro aziende, i manager intervistati hanno indicato come fattore più importante "l’efficienza nelle operazioni per ridurre i costi" insieme a quello di "soddisfare gli obiettivi di sostenibilità interna e di cambiamento climatico" e non molto lontano da questi hanno posizionato l’esigenza di "incrementare le entrate tramite prodotti e servizi nuovi o già esistenti". Il 77% considera "molto importante" il beneficio sui costi, che è il principale elemento per determinare l’investimento in prodotti e servizi di tecnologia pulita per le aziende.
Non è un caso, del resto, che per rimettere in moto l'economia mondiale abbattuta dalla crisi si sia ricorsi a un Green New Deal: il 15% dei piani di stimolo all'economia varati globalmente l'anno scorso, stimati sui 2.800 miliardi di dollari complessivi, sono diretti a interventi verdi, nella convinzione che la riconversione del sistema energetico rilancerà l'occupazione e creerà nuove aziende innovative. Malgrado gli esiti del vertice di Copenhagen, dunque, le tecnologie pulite continuano a correre in Borsa. "E non siamo che all'inizio", precisa Will Oulton, responsabile del Ftse Group per gli investimenti sostenibili. Gli indici della Borsa di Londra legati al green business - dal Ftse4Good al Ftse Environmental Opportunities - hanno una capitalizzazione complessiva di 23 miliardi di euro e sono ormai da anni il segmento che cresce più in fretta.
Il mercato è convinto che la macchina per la riconversione dell'economia mondiale verso una bassa intensità di carbonio non abbia bisogno dei politici: ha già caricato a bordo le multinazionali e ormai viaggia da sola. Anzi, nel grande business ci sono almeno una decina di coalizioni che fanno da traino alla politica, cercando di stimolare l'assunzione di provvedimenti seri di fronte ai rischi del cambiamento climatico. E ne nascono continuamente di nuove. Una di queste, il Carbon Disclosure Project, raccoglie 330 delle maggiori compagnie americane comprese nell'S&P 500 e altri duemila colossi a livello mondiale, fra cui la russa Gazprom e la cinese Huaxin Cement. "Le grandi aziende – sostiene Paul Dickinson, il capo del progetto – dimostrano di essere pronte, capaci e perfino desiderose di intraprendere misure per il taglio dell'anidride carbonica". "Se non ci muoviamo subito – conferma Brad Figel, direttore degli affari pubblici della Nike – tutto diventerà più costoso, più arduo e rischioso". "Il 95% dei nostri prodotti è basato sul cotone – fa notare a sua volta Anna Walker di Levi Strauss – e la scarsità d'acqua potrebbe diventare un dramma". "Gli obblighi regolamentari rappresentano un forte incentivo all'innovazione e l'innovazione spinge il pubblico ad accettare modelli più efficienti, creando nuovi segmenti di mercato. Chi sarà capace di prevenire questi obblighi e di implementare fin d'ora standard rigorosi di efficienza, acquisirà un vantaggio competitivo sui concorrenti", commenta Volkswagen, che partecipa al progetto.
Nell'ambito delle telecomunicazioni, è di questi giorni la nascita della Green Touch Initiative, un consorzio su scala planetaria promosso e organizzato dai Bell Labs di Alcatel-Lucent con lo scopo di sviluppare le tecnologie necessarie per rendere le reti di comunicazione mille volte più efficienti dal punto di vista energetico rispetto ad oggi. Una riduzione di mille volte corrisponde alla possibilità di alimentare le reti di comunicazione – a parità di prestazioni - per tre anni con la stessa quantità di energia oggi impiegata per il loro funzionamento in un solo giorno. Il consorzio Green Touch unisce leader nel mondo industriale, come At&t e China Mobile, e del mondo accademico, come Stanford e il Mit, con centri pubblici di ricerca per inventare e rendere disponibili approcci radicalmente nuovi al tema dell’efficienza energetica, che saranno al centro delle reti ecosostenibili dei prossimi decenni.
La sfida è enorme, ma evidentemente qualcosa si sta muovendo. Non solo nei laboratori degli scienziati, ma anche nelle stanze dei bottoni ai piani alti delle imprese.
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