20 marzo 2010
Otto miliardi in fumo: recuperiamo lo spreco energetico!
Otto miliardi. Lo spreco energetico nel settore residenziale continua a crescere in Italia e pesa ogni anno quanto una finanziaria. Ma questi 8 miliardi di sprechi – a fronte di una bolletta energetica nazionale di 60 miliardi l'anno – potrebbero essere evitati o drasticamente ridotti, se le case che si costruiscono e si ristrutturano fossero tutte, alla fine, in classe A, la classe energetica che definisce gli immobili con i consumi più bassi, sia per il riscaldamento invernale sia per il raffrescamento estivo. Un obiettivo non impossibile da raggiungere, considerando che in molte regioni d'Italia le costruzioni nuove sono obbligate a rispettare criteri energetici stringenti, mentre le ristrutturazioni verdi godono di detrazioni fiscali e di incentivi che riescono a compensare il costo dei lavori.
Non a caso le imprese del settore puntano proprio sulla riqualificazione energetica degli edifici per voltare pagina dall'annus horribilis appena attraversato dall'edilizia: un'onda verde che potrebbe aiutare fornitori, costruttori e progettisti a fare massa critica per rilanciare la competitività del settore, caratterizzato da una grande frammentazione.
L'agevolazione fiscale più consistente per il risparmio energetico permette di detrarre dall'Irpef o dall'Ires lorda il 55% delle spese sostenute per installare pannelli solari che producono acqua calda, per sostituire i sistemi di riscaldamento con impianti dotati di caldaia a condensazione e per gli interventi generali di riqualificazione energetica delle strutture. In più, le spese sostenute per il recupero edilizio hanno una detrazione del 36%, che potrebbe valere anche per l'installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, ma se ci si avvale della detrazione Irpef del 36% per installare l'impianto fotovoltaico, l'elettricità prodotta non può essere incentivata attraverso il cosiddetto "conto energia", le cui tariffe sono molto più redditizie. Anziché la detrazione fiscale una tantum, quindi, conviene utilizzare il conto energia, che assicura per vent'anni un contributo – la tariffa incentivante – pari alla quantità di energia pulita prodotta. L'impianto fotovoltaico, poi, può funzionare in regime di scambio sul posto: oltre al contributo regolare, che va a compensare il costo dei lavori, l'energia elettrica prodotta e immessa in rete compensa quella prelevata e consumata, azzerando la bolletta. Nel 2009 ben 43mila utenti si sono allacciati alla rete in regime di scambio sul posto, per una potenza di circa 175 megawatt complessivi.
Il costo dei moduli e le spese professionali si possono finanziare tramite un meccanismo di credito fotovoltaico, offerto da quasi tutte le banche: in pratica, viene aperto un conto corrente sul quale confluiscono gli incentivi erogati dal Gestore dei servizi elettrici e da quello stesso conto la banca preleva le rate per il rimborso del prestito. Se l'operazione è ben congegnata, il saldo è in equilibrio. Di solito, il prestito si estingue in quindici anni e dal sedicesimo anno in poi la tariffa incentivante diventa un guadagno netto, fino al ventesimo anno. Ma anche dopo la fine degli incentivi resterà il risparmio sulla bolletta, perché i pannelli hanno un rendimento garantito dell'80% anche dopo anni 25 di esercizio.Con questa operazione, l'edificio può ricevere il "bollino verde" della certificazione energetica, che nei Paesi dov'è già diffusa influenza molto il mercato immobiliare, perché un immobile di classe A si vende e si affitta a prezzi più elevati, mentre un "immobile colabrodo" di classe F o G viene deprezzato. Questo ciclo virtuoso induce i proprietari e le imprese edili a curare di più impianti e strutture per poter spuntare guadagni maggiori al momento giusto. In Italia, per ora, l'effetto virtuoso è limitato, di fatto, agli immobili nuovi. I loro acquirenti stanno a poco a poco rendendosi conto che le case con fabbisogni energetici bassi hanno prezzi solo un po’ più elevati, che vengono però ammortizzati nel corso di pochi anni. Viceversa le prestazioni energetiche degli immobili "usati" incidono poco sui prezzi di compravendite e locazioni. Comunque sia, la certificazione energetica al rogito è un obbligo imposto dalle norme europee e l’Italia non può dissociarsi. Meglio quindi renderla un adempimento utile, nella speranza che in futuro cresca la sensibilità degli italiani sui temi del consumo di conbustibile.
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