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23 ottobre 2010

Altro che bolla del gas! L'Italia in bolletta

Ma non c'era la bolla del gas? I consumi italiani calano per i postumi della crisi, le nuove tecniche di estrazione liberano il metano intrappolato nelle rocce del sottosuolo americano e tagliano l'import di gas degli Stati Uniti, l'offerta globale è abbondante. Invece basta uno smottamento per scatenare l'allarme sugli approvvigionamenti invernali. E la tensione sui prezzi.

A Guttannen, nel cantone di Berna, una frana ha interrotto in agosto il flusso di gas proveniente dal Mare del Nord, 50 milioni di metri cubi al giorno, attraverso il Transitgas. E non è chiaro quando riprenderà: il gasdotto che ci fornisce oltre il 15% del nostro fabbisogno corre lungo un gola di montagna che sta venendo giù a causa delle piogge e dovrà essere spostato, per cui resterà fuori servizio almeno fino alla fine di quest'anno. Nell'ultimo mese, questo blocco ha fatto schizzare in alto i prezzi di 3-4 centesimi al metro cubo, tanto che l'Authority ha aperto un'istruttoria. In più, proprio nel delicato momento dell'accelerazione autunnale necessaria a riempire gli stoccaggi in vista dell'inverno, è chiuso per manutenzione anche il gasdotto Greenstream, quello che dalla Libia importa più del 10% del gas che consumiamo. Così si blocca un quarto delle nostre importazioni, due tubi su quattro: ci resta solo il gas russo e quello algerino. Sperando che non si riproponga il problematico scenario del biennio 2006-2007, quando ci trovammo pericolosamente esposti ai capricci negoziali tra Russia e Ucraina, che portarono a una serie di interruzioni delle forniture a tutta l'Europa, facendo tremare particolarmente l'Italia, che più di ogni altro Paese funziona a gas.

Il blocco riporta alla ribalta i due grandi problemi strutturali del nostro sistema metanifero. In primis il lento procedere nella costruzione dei rigassificatori per differenziare via mare, oltre che potenziare, i nostri approvvigionamenti. Della decina di progetti da anni in pista uno solo è finalmente operativo, quello di Rovigo (Edison-Exxon) da 8 miliardi di metri cubi, che si è aggiunto allo storico impianto Eni di Panigaglia. In secondo luogo l'insufficienza delle strutture di stoccaggio, che nelle intenzioni del governo ora dovrebbero essere rapidamente potenziate grazie al nuovo decreto che incrementa la platea di accesso degli operatori e allo stesso tempo incentiva la costruzione di nuovi depositi.
La questione degli stoccaggi è diventata centrale anche per via dell'assenza di una Borsa del gas, capace di fungere da regolatore. Oggi in Italia, secondo i dati dell'Authority, si contano 10 siti per lo stoccaggio, di cui otto sono gestiti da Stogit (e quindi da Eni) e due appartenenti a Edison. La forza di Eni è ancora più evidente se si considera che governa il 97% della capacità di stoccaggio nazionale, circa 14 miliardi di metri cubi. Oltre all'assenza di concorrenza, un altro limite del sistema era la preclusione per le imprese di utilizzare gli impianti di stoccaggio esistenti. Ma con il recente decreto il governo ha definito nuovi "tetti" antitrust, che dovrebbero far scendere al 65% la quota di mercato garantita all'Eni (l'Authority chiede soglie ancora più rigide, fino al 55%), e ha previsto la realizzazione di nuove infrastrutture di stoccaggio. Stabilendo che i primi 4 miliardi di nuova capacità – una quota importante se teniamo conto che degli attuali 14 miliardi di metri cubi, 5 sono per la riserva strategica – siano disponibili per industrie, pmi e clienti termoelettrici. In questo modo, le aziende con i consumi più elevati potranno acquistare il gas d'estate, quando i prezzi sono più bassi, e utilizzarlo d'inverno, quando s'impennano.

Immediato il rilancio dell'Eni, che ha presentato al ministero dello Sviluppo Economico un piano strategico per la realizzazione di questi primi 4 miliardi di metri cubi di nuova capacità di stoccaggio, attraverso dieci progetti, "a cui potranno partecipare, quali investitori, i clienti industriali, le piccole e medie imprese e i clienti termoelettrici", dice il ministero. A via Veneto sono arrivate oltre 270 richieste di partecipazione "da parte di importanti gruppi industriali, di imprese caratterizzate da elevati consumi di gas (acciaierie, cartiere, ceramiche), di vari consorzi e aggregazioni di piccole e medie imprese, nonché dai principali produttori di energia elettrica tramite impianti alimentati a gas". Leggi Edison, Enel, E.on e così via. Dopo l'accettazione del piano, ci sarà la gara per mettere in palio la nuova capacità di stoccaggio. Ma la corsa che si sta verificando dimostra quanto le imprese italiane abbiano fame di gas a prezzi ragionevoli.

Ora resta il problema delle tariffe da pagare per lo stoccaggio, che dovrebbero essere remunerative per chi decide di investire nella realizzazione dei nuovi impianti ma non troppo onerose per chi avrà diritto di utilizzarli, cioè le imprese industriali. Altrimenti si annullerebbe il vantaggio.


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