Cresce l'allarme per i mega-incentivi al fotovoltaico, i più alti d'Europa, che hanno finito per scatenare una corsa da tutto il mondo al sole del Bel Paese. A fine 2009, in Italia c'erano solo 1.142 megawatt di fotovoltaico, un quarto della Spagna e un ottavo della Germania. A fine 2010, potremmo sfiorare i 7mila megawatt, salvo registrazioni fraudolente che dovessero emergere dai controlli in corso.
Com'è potuto accadere un balzo di questa dimensione? Già l'aumento degli impianti allacciati alla rete nel 2010 è stato spettacolare: 1.850 megawatt, con un incremento del 160% rispetto alla potenza entrata in esercizio nell'anno precedente (711 megawatt), per arrivare a un installato complessivo di 3.070 megawatt. Ma fin qui siamo nei limiti del fisiologico. Anche in Germania l'anno scorso c'è stato un incremento maggiore rispetto al 2009: 3.300 megawatt installati contro i 3.100 dell'anno prima, toccando quota 11.500 megawatt a fine 2010. Oltre agli impianti regolarmente allacciati alla rete, però, a fine 2010 sono arrivate al Gestore dei Servizi Energetici comunicazioni per circa 55.000 ulteriori impianti, con una potenza di 3.771 megawatt, che a seguito della cosiddetta legge salva-Alcoa (un provvedimento omnibus nato per evitare la chiusura dello stabilimento Alcoa di Portovesme, concedendo alcuni privilegi alle isole) avranno diritto alle tariffe incentivanti 2010 anche se verranno allacciati entro giugno 2011, purché abbiano terminato i lavori di realizzazione entro il 31 dicembre 2010. Sono questi 3.700 megawatt che ballano a fare la differenza. In pratica, la corsa ai vecchi incentivi, più favorevoli rispetto alle nuove regole entrate in vigore all'inizio del 2011, ha provocato il balzo di fine anno.
"Un contesto in cui l'operatore non ha certezze normative, come si è visto con i certificati verdi, e viene continuamente sballottato da iniziative estemporanee, induce purtroppo un atteggiamento speculativo: appena si apre una finestra, tutti si precipitano a rastrellare quello che si può", spiega Vittorio Chiesa, direttore dell'Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano. "Un sistema come quello tedesco, invece, dove gli incentivi si riducono automaticamente di anno in anno in base al numero delle installazioni, offre agli operatori ragionevoli certezze e un orizzonte temporale molto ampio per fare i propri calcoli, favorendo una costante evoluzione verso l'auto-sostenimento del settore". Anche il sistema italiano, in verità, aveva funzionato abbastanza bene fino all'anno scorso, con una spesa per gli utenti elettrici che lievitava gradualmente: nel 2008 il fotovoltaico pesava sulle bollette per 80 milioni, nel 2009 per 270 milioni e nel 2010 si sarebbe fermato a 755 milioni, contando solo gli impianti allacciati. Una bella cifra, ma di gran lunga inferiore a quella sborsata dagli utenti elettrici per i baroni delle fonti fossili, quei tre o quattro giganti del petrolio e del gas beneficiati dal Cip6 per le assimilate, che nel 2009 pesava per 900 milioni sulle bollette degli italiani.
Il discorso cambia aggiungendo anche i 3.700 megawatt della legge "salva-Alcoa", con cui si arriva a un peso complessivo di 3 miliardi. Decisamente troppi per scaricarli tutti d'un botto sulle spalle degli utenti elettrici. Ora bisognerà vedere se gli impianti comunicati al Gse erano stati effettivamente completati entro la fine del 2010 e quindi hanno diritto ad accedere alle tariffe 2010. In base ai primi controlli, il Gse parla di un 15% di irregolarità, cioè impianti che a fine 2010 in realtà non erano ancora completi o addirittura neanche iniziati. In base al volume degli investimenti passati dalle grandi banche e all'importazione di pannelli, c'è chi stima che addirittura la metà degli impianti comunicati sia "virtuale". A seconda delle regioni, poi, ci possono essere variazioni anche molto importanti su queste percentuali: in Sicilia sono emerse infiltrazioni mafiose nel settore e ci sono già diverse inchieste in corso nelle provincie di Trapani, Agrigento ed Enna. Il problema è che la legge "salva-Alcoa" ha aperto la falla ma non dà indicazioni su come chiuderla: il Gse non ha le forze per organizzare verifiche a tappeto e per ora ha controllato poche centinaia di impianti su 55mila. Intanto il tempo passa e chi non aveva terminato i lavori al 31 dicembre 2010 ora ci mette una pezza. Assosolare propone di istituire l'obbligo, per tutti quelli che chiedono l'applicazione della legge "salva-Alcoa", di produrre al Gse anche i documenti di fornitura e le bolle di consegna dei materiali, che dovrebbero far fede. "E' il minimo che si possa fare, per riportare in una cornice di eticità un provvedimento che era nato solo per correggere l'anomalia della lentezza degli allacciamenti alla rete e poi si è trasformato in una corsa disordinata", commenta Gualtiero Seva di Assosolare.
Resta il fatto che prima o poi quei 3.700 megawatt verranno in gran parte allacciati: se non si qualificheranno per gli incentivi 2010, rientreranno in quelli partiti dall'inizio di quest'anno, ridotti in media del 18%. Di conseguenza, già nel corso del 2011 si potrebbe raggiungere il target di 8.000 megawatt fotovoltaici, che il Piano d'Azione Nazionale sulle fonti rinnovabili aveva previsto per l'anno 2020. Un'accelerazione anomala, che rischia di costare cara agli utenti elettrici e di ritorcersi contro un settore che sembrava un fiore all'occhiello dell'Italia abbattuta dalla crisi.
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