La major sono ai blocchi di partenza per riprendere gli affari con la Libia e l'Eni si porta avanti.
Paolo Scaroni ha ribadito, a margine della conferenza stampa del premier Silvio Berlusconi e del primo ministro del Comitato Nazionale Transitorio libico Mahmud Jibril, di non essere preoccupato per la supremazia dell'Eni come operatore estero in Libia a seguito del mutamento degli equilibri politici del Paese: "Sono tutti fatti contrattuali. Non è che uno si sveglia la mattina e cambia un operatore con un altro. Non c'è ragione di cambiare gli operatori che conoscono i campi, le persone, il sottosuolo. Non sono preoccupato".
La posta in gioco, per Scaroni e per l'Italia, è altissima: sotto il regime di Gheddafi, la Libia ci forniva il 23% del nostro fabbisogno di petrolio e oltre il 10% del gas. Ma Tripoli non esporta idrocarburi soltanto verso l'Italia: il 15% dell'export va in Francia, l'11% in Cina, il 10% in Spagna e un altro 10% in Germania. Quindi gli sbocchi alternativi non mancano al nuovo regime, che ha solo l'imbarazzo della scelta.
Garanzie per la validità dei contratti sottoscritti sotto il regime di Gheddafi sono arrivate nei giorni scorsi dal rappresentante dei ribelli per la ricostruzione, Ahmed Jehani. La speranza è che altre ne arrivino lunedì, quando l’Eni firmerà a Bengasi un’intesa per fornire benzina e gasolio al popolo libico in cambio di futuri pagamenti in petrolio. La compagnia guidata da Paolo Scaroni sta "lavorando attivamente per gli studi necessari per il ripristino dei campi petroliferi in Cirenaica e in particolare del campo di Sair".
Scaroni ha come priorità in Libia la ripresa delle forniture di gas, mentre per quelle di greggio si aspetta che la produzione riparta in 6-18 mesi. "Noi privilegiamo la ripartenza del gas. Mentre non esiste alcun problema di approvvigionamento per il petrolio, a me affrontare il prossimo inverno con una delle nostre fonti tradizionali di gas ferme non mi piace per niente", ha dichiarato Scaroni. "Abbiamo già detto che possiamo vivere senza le fonti di gas della Libia, che rappresenta il 10-12% del totale, ma gli altri fronti non ci danno totale tranquillità", ha spiegato. "Il nostro campo di Wafa è stato sempre in funzione, poi abbiamo due campi offshore. Il terreno più complicato è Melita da cui parte Greenstream che riemerge a Gela", ha sottolineato Scaroni.