Con oltre 10 gigawatt di potenza fotovoltaica installata, l'Italia è diventata quest'anno il primo mercato mondiale per l'energia del sole. Ma la ricerca non tiene il passo. Nel 2010 dai laboratori italiani sono arrivate solo 95 domande di brevetti in materia energetica all'European Patent Office, contro 1805 dagli Stati Uniti o 1175 dalla Corea.
"Negli ultimi vent'anni, siamo rimasti fermi su questo fronte, mentre gli altri Paesi industrializzati hanno fatto passi da gigante", spiega Stefano Da Empoli di I-Com, commentando il suo rapporto sull'innovazione energetica. "La Corea è un buon esempio di questo divario, viste le analogie con l'Italia sotto il profilo economico: nel 2000 le domande di brevetto coreane erano paragonabili alle nostre, oggi sono oltre dieci volte tanto", precisa Da Empoli. Ma anche la Spagna, che nel 2000 anni fa era ancora all'età della pietra, oggi produce più brevetti dell'Italia. In complesso, nell'arco temporale 1988-2007 la quota italiana sui brevetti europei era del 2,5%, mentre nel 2010 non è andata oltre lo 0,7%.
Questa evoluzione si rispecchia nella dinamica degli investimenti. Nell'ultimo decennio, il settore energetico ha conquistato una fetta crescente degli investimenti globali in ricerca e sviluppo, che nel 2000 rappresentava il 4,5% del totale, contro il 4,9% del 2009. Ma a seconda dei Paesi cambia molto il rapporto tra investimenti pubblici e privati. Rispetto agli altri Paesi industrializzati, l'Italia è un'eccezione assoluta, perché il pubblico fa sempre la parte del leone. Nelle altre economie avanzate è l'inverso: malgrado un aumento della quota pubblica negli ultimi anni di crisi, sono sempre le aziende private che spendono di più in ricerca e sviluppo, anche nel campo dell'energia. Senza citare l'esempio degli Stati Uniti, dove il rapporto è di quattro a uno, nell'Ue a 27 gli investimenti privati sono il doppio di quelli pubblici, in Germania e nel Regno Unito il triplo, in Spagna il quadruplo. E' il governo francese, invece, quello che spende di più per la ricerca energetica in Europa, ferma restando anche qui la prevalenza dello sforzo privato sul pubblico: tra il 2001 e il 2009, i suoi investimenti hanno rappresentato annualmente, in media, il doppio di quelli tedeschi e italiani, che si aggirano attorno ai 500 milioni di dollari.
In complesso, in questi dieci anni l'Unione Europea ha destinato la quota maggiore di risorse pubbliche al nucleare, ma è una spesa che si sta contraendo, dal 55% del 2000 al 32% del 2009. In Italia, invece, la programmazione politica ha preferito sostenere la ricerca nell'efficienza energetica, a cui ha destinato il 22,8% delle risorse nel 2009, rispetto all'8,8% del 2000.
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