I produttori di energia da fonti
rinnovabili lo ripetono da anni: con l'apporto di queste fonti pulite
e gratuite, il prezzo dell'elettricità all'ingrosso è destinato a
scendere e quindi ad alleggerire in bolletta il fardello dei famosi
incentivi. Ora se ne sono accorti anche gli analisti finanziari, ma
le conclusioni che ne traggono sono diverse. Quello che per i
consumatori di energia si sta rivelando un effetto positivo, per le
grandi utilities rischia di diventare un grosso danno.
La riduzione dei prezzi elettrici ha
eroso i margini degli operatori che ricavano energia principalmente
dalle fonti fossili, dice uno studio di Moody's. E ci sono già le
prime vittime: Moody's ha tagliato il rating a lungo termine di Enel
da Baa1 a Baa2 con outlook negativo, mentre Ubs ha declassato la
tedesca Rwe e la francese Edf con la stessa motivazione. Non importa
agli analisti se queste stesse aziende possiedono anche una bella
fetta della potenza elettrica rinnovabile in Europa: il problema
deriva dalle centrali a gas o a carbone, che hanno altissimi costi
operativi, ma spesso girano a vuoto, soprattutto negli orari di punta
per l'industria, quando un tempo guadagnavano di più, mentre oggi
sono battute sul campo dalla produzione solare, che proprio in quegli
orari gira al massimo. Nei Paesi dove la crescita delle rinnovabili è
stata più marcata, come in Germania e in Italia, il prezzo
dell'energia venduta in Borsa negli orari di punta si è ridotto
quasi della metà rispetto ai picchi di cinque anni fa. Sono i costi
operativi degli impianti tradizionali - che bruciano combustibili
agganciati alle quotazioni del petrolio - a mettere al tappeto i
ricavi delle grandi utilities elettriche. Gli analisti di Ubs
prevedono che metà dei profitti, messi a segno dalle utilities
europee con la vendita di energia elettrica, verranno spazzati via da
qui al 2020, rivoluzionando completamente il panorama del settore.
"Quelle che un tempo erano considerate aziende stabili, hanno
visto il loro modello di business sconvolto e ci aspettiamo che la
crescita progressiva della produzione rinnovabile intacchi
ulteriormente la qualità del credito delle utilities europee",
spiega Scott Phillips, autore dello studio di Moody's.
D'altra parte, gli investitori non
premiano nemmeno i produttori di energia da fonti rinnovabili, che in
Borsa vanno mediamente peggio del mercato, per colpa dei tagli
generalizzati agli incentivi statali. Il Nex, l'indice globale più
rappresentativo di questi titoli, ha perso il 15,5% nel secondo
trimestre dell'anno, contro un -3,3% dell'S&P 500. L'Irex, indice
corrispondente sul mercato italiano, è calato addirittura del 32%
nel secondo trimestre dell'anno. Paradossalmente, quindi, le grandi
utilities vengono punite sia quando producono energia da fonti
fossili, sia quando investono nelle fonti rinnovabili.
Ma la débacle finanziaria non
impedisce alle fonti verdi di crescere molto sul piano degli
investimenti industriali, poiché risulta chiaro a tutti il valore di
questa scommessa sul lungo termine. La rivoluzione del sistema
elettrico europeo, quindi, è destinata a continuare. Oltre 100
gigawatt di potenza elettrica da fonti rinnovabili sono stati
installati in Europa negli ultimi cinque anni, soprattutto in
Germania, Italia e Spagna. E da qui al 2020 se ne aggiungeranno altri
150 gigawatt, secondo lo studio di Moody's. L'energia verde, che oggi
contribuisce per un terzo della potenza elettrica installata in
Europa, è destinata a salire al 50% nel 2020. Con i loro costi
operativi bassissimi, questi impianti continueranno a comprimere i
margini degli altri, destinati a produrre sempre di meno.
L'irregolarità della produzione da fonti rinnovabili, però,
impedisce di chiudere le centrali tradizionali. L'elettricità
prodotta dal vento e dal sole non può essere accesa e spenta a
piacimento, così come si può fare con le fonti fossili, che
serviranno sempre per tappare i buchi quando si offusca il sole e
cade il vento. La sfida centrale del prossimo decennio, per il
sistema elettrico europeo, starà tutta nella soluzione di questo
rebus. Moody's ricorda, come possibile soluzione, lo sviluppo di
impianti di accumulo e in particolare il piano d'investimenti da 1
miliardo di Terna sulle batterie e il progetto sperimentale di E.on
su un impianto a idrogeno. Ma la prospettiva degli accumuli, che
risolverebbe l'intermittenza delle fonti pulite, può "penalizzare
ulteriormente i prezzi di picco", incrementando la competitività
delle rinnovabili ed emarginando ancor di più la produzione
termoelettrica. Una prospettiva poco attraente per le utilities
tradizionali.